Foto Premi di Merito Studenti ISISS

Foto Premi di Merito Studenti ISISS

giovedì 11 marzo 2010

Bisogni educativi SPECIALI

Progetto I CARE – Seminario 3 marzo 2010
(un rendiconto parziale a cura della segreteria CoorCoGe, presente solo nel pomeriggio)

Il seminario ha documentato e testimoniato alcune esperienze fra reti di istituti che si sono occupati di integrazione e inclusione scolastica, a partire dal bisogno di lavorare meglio per i bambini/ragazzi con disabilità presenti nelle scuole.
Il lavoro si è sviluppato in ogni rete a partire da momenti di autoanalisi severa e continua (riflessione: a che punto siamo, cosa intendiamo migliorare; ricerca e studio: quali teorie, quali strumenti coerenti abbiamo a disposizione o impariamo ad utilizzare, co-costruzione di significati per comprendere cosa frena –mentalità, cultura, preconcetti, difficoltà metodologiche- o promuove l’inclusione come processo continuo che rispetta le differenze di modi, stili, visioni, capacità e opportunità per rimuovere gli ostacoli alla partecipazione, alla cittadinanza, alla formazione, all’apprendimento da parte di tutti; azione: sperimentazione e realizzazione di percorsi didattici; monitoraggio e verifica: diario di bordo, documentazione del dibattito sul Forum, archivio dei materiali prodotti, confronto nell’istituto e tra istituti…)

Qui si riprendono riflessioni su tre temi, valide per ogni realtà:
- la didattica inclusiva (Capofila: IC Verdellino, IC Suisio)
- il modello ICF (IS Pesenti (capofila), IS Galli, IPSSAR Nembro, IC Alzano Lomb, IC Gorlago)
- la lavagna multimediale (LIM) (capofila: IC Fara)

La didattica inclusiva
È una metodologia didattica che parte dal presupposto che ogni bambino/ragazzo ha delle sue specifiche caratteristiche, ognuno ha una sua speciale normalità che necessita di un’attenzione altrettanto speciale e specifica.
Si basa fondamentalmente sul metodo dell’apprendimento cooperativo (cooperative learning) ed utilizza principalmente il lavoro di gruppo per rendere più agevole e fruttuoso il processo di apprendimento: gli insegnanti promuovono un habitus mentale che costruisce nella classe legami, relazioni, solidarietà, prestazioni finalizzati ad un compito, uno scopo, una meta comune.
Le competenze sociali non vengono auspicate ma esplicitate e valorizzate, messe in gioco. I gruppi non sono spontanei, ma ognuno all’interno dei diversi compiti e in diversi momenti prova ruoli diversi e viene valorizzato. In questa attività si perde la lezione frontale, o si riduce all’essenziale, utilizzando la risorsa alunni/compagni per tenere insieme “le” normalità per fare insieme qualcosa (ed in questo modo apprendere) aiutandosi reciprocamente. Bambini e ragazzi sono tendenzialmente motivati all’aiuto reciproco, tra pari (pensiamo alla peer education)
La valutazione è personale e del gruppo, diventa in gran parte autovalutazione.
Gli insegnanti che l’hanno sperimentata hanno rilevato migliori risultati sociali e di apprendimento ed un legame affettivo/motivazionale nei rapporti fra alunni e fra insegnanti e classe. Per gli alunni più fragili o i disabili –anche gravi- il successo principale riguarda l’essere nei pensieri degli adulti e dei compagni, essere pensati con un’attesa positiva, dove sono coinvolte le capacità di tutti e migliora considerevolmente l’autostima, cala l’ansia da prestazione e si vive in un clima di cooperazione, non di competitività, che sostiene l’apprendimento.
L’impatto sugli insegnanti (in particolare della scuola media?) è destabilizzante rispetto alla sicurezza della lezione frontale:
- non ho tutto in mano, non ho il controllo totale della situazione
- non insegno, ma favorisco processi per l’apprendimento
- devo pensare prima, a tutti, non solo alla “media”
- devo esplicitare i comportamenti degli alunni e pensarli prima
- devo fare i conti con linguaggi inattesi e cogliere le diversità come ricchezza
- devo cambiare spesso dentro una situazione fluida

È un metodo che si impara facendolo. Lo si sceglie in base all’idea pedagogica e valoriale di persona.

Infatti ogni insegnante ed ogni scuola può scegliere fra due sistemi educativi:
1. personalizzare attraverso l’inclusione, tenendo dentro le differenti normalità, valorizzando le capacità di apprendimento e sociali. Il contesto ed il clima sono favorevoli all’apprendimento e alle competenze sociali
2. personalizzare rispetto alle eccellenze, “separando” per differenze (gruppi di livello, lavoro individuale, portar fuori dalla classe, …). L’accento è sull’insegnamento

(Il primo modo è ben rappresentato da questo aneddoto, raccontato da un papà: M…. è un ragazzino insicuro che rischia di avere l’autostima sotto i piedi, anche perché fatica a reggere il peso di tanti studi disciplinari, ora che è arrivato alla scuola media. È iscritto ad una squadra di basket ma non è molto soddisfatto. È in squadra ma non è ancora riuscito a segnare un canestro.
Cosa fa l’allenatore? Lo lascia in panchina?No, riunisce la squadra e dice: “Ragazzi, oggi M……. deve fare canestro. Date tutte le palle a lui”
Il primo canestro è stato una festa per tutti e ne sono seguiti molti altri. Forse Marcello non si ritiene del tutto incapace. Forse anche a scuola ci sarà una squadra a tirarlo dentro
Il secondo modello invece dice: vai in un’altra pista, la tua macchinina mi rallenta)

Il modello ICF (international classification of functioning, disability and health –children and youth: classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute di giovani e bambini)
Uno strumento per tutti, non solo per i disabili

È stato ideato per uscire da una visione di “certificazione” puramente medica e diagnostica delle disabilità, per aiutare a costruire “una narrazione” completa e sistematica di tutte le componenti la persona, fisiche psichiche comportamentali e sociali in relazione con i contesti di vita e con una visione pedagogica/educativa, non solo di diagnosi funzionale.
Gli insegnanti della rete che l’hanno utilizzato
- si sono resi conto che è uno strumento che aiuta a leggere i bisogni e le potenzialità degli studenti con disabilità, ma anche di tanti ragazzi che incrociano l’area del disagio e dello svantaggio non certificato (la normalità è relativa, ognuno ha bisogni educativi speciali)
- possono avere un profilo dei singoli e della classe, anche nei ruoli sociali e di partecipazione. È una conoscenza del contesto e dei contesti che costituiscono la base per la formazione
- leggono la Salute come benessere che connette diversi aspetti del funzionamento di una persona
- rendono espliciti i contesti, le risorse, le Speciali Normalità da mettere in campo, valorizzandole attraverso una progettazione condivisa dell’azione educativa e didattica, mirata ai bisogni.
- -modificano aspetti organizzativi (formazione classi, assegnazione docenti, utilizzo spazi, scelta attrezzature…) e metodologici (educazione fra pari, apprendimento cooperativo, tutoraggio, assegnazione di compiti/problemi, attività laboratoriali,… da utilizzare in modo continuativo)
- sono consapevoli che le situazioni interattive, che tengono conto di aspetti socio-affettivi ed emotivo-relazionali, facilitano l’apprendimento
- notano che il coinvolgimento dei compagni e dei genitori costruisce vicinanza e solidarietà spontanea
L’approccio è nuovo e chiede un cambiamento di mentalità non semplice, ma la rete fra insegnanti e fra scuole sostiene la formazione, lo scambio, la ricerca e la riflessione sulla realizzazione.
Avvertenza: non utilizzare il modello ICF per descrivere una a una le foglie di un albero, perdendo di vista l’insieme, il racconto dell’albero e l’albero nella sua globalità
Dario Ianes, Bisogni educativi Speciali e inclusione –Erickson Trento
Vanessa Macchia – Università di Bolzano

Un bambino o un ragazzo con Bisogni Educativi Speciali è quello che:
“ha una difficoltà di apprendimento che richiede interventi di educazione speciale”.
Nei Bisogni Educativi Speciali…
“…si trovano difficoltà di apprendimento generali e specifiche, difficoltà comportamentali, emozionali e sociali, difficoltà di comunicazione e di interazione, difficoltà di linguaggio, disturbi, difficoltà sensoriali e motorie, minorazioni, altre difficoltà fisiche e mediche
“Il Bisogno Educativo Speciale è qualsiasi difficoltà evolutiva, permanente o transitoria, in ambito educativo e/o apprenditivo, espressa in un funzionamento problematico che crea in qualche modo ostacolo al benessere o al successo formativo






























Quali risorse?


Per saperne di più:
http://www.darioianes.it/slide.htm

LIM (Lavagna Interattiva Multimediale)

L’oggetto ha consentito
- di attivare percorsi di riflessione sui “nativi digitali” ed il loro modo di apprendere,
- di confrontarsi tra insegnanti sugli apprendimenti e le modalità per ottenerli
- di condividere una ricerca di significati, non solo competenze tecnologiche
- di motivar diversamente la classe al lavoro comune
- di analizzare i lavori e archiviarli nel tempo, per costruire buone prassi

Domanda: la lavagna multimediale è uno strumento inclusivo?
Esiste un potente rischio di utilizzo didattico che rinforza, peggiorandone i limiti, la lezione frontale. Se l’insegnante ama la lezione frontale la LIM è la lavagna ideale.
Se lavoro con la classe con metodi diversi legati al fare insieme, basati sul confronto, lo scambio, la cooperazione, allora anche la tecnologia può potenziare i risultati e dare valore ai diversi approcci.

Ad esempio se la utilizzo per mettere a confronto modi diversi di prendere appunti (chi scrive tutto, chi fa schemi, chi disegna, chi sceglie parole chiave..). La lavagna permette di avere contemporaneamente una visione di modalità diverse per confrontarne e valutarne l’efficacia, per provare a cambiare modo sperimentandosi..ecc.ecc

Da approfondire.